Non lasciate morire l'adozione internazionale
I segnali c'erano da molto tempo, ma il rapporto del Cea, il Coordinamento Enti Autorizzati, conferma quanto da tempo dicono i numeri dei tribunali per i minori: l'adozione in Italia è in gravissima crisi. Le richieste di adozione calano di anno in anno, i paesi di provenienza dei bambini chiudono le porte, e la burocrazia italiana, così come l'assoluta mancanza di una "politica estera" in questo settore, contribuisce a peggiorare le cose.
Ma il vero nodo oggi non sono più i tempi di attesa italiani per il decreto di idoneità: pur con tempi assurdi (dai 12 ai 24 mesi) quel decreto nel 98% dei casi arriva. No, tutto si blocca dopo il conferimento di un mandato all'ente: qui inizia una attesa drammatica, a volte surreale, tre, quattro, cinque anni, ma addirittura di più, prima di poter incontrare quel bimbo a cui si vogliono dare affetto, amore, benessere. Bambino che nel frattempo avrà perso anni preziosi in un istituto russo o cambogiano.
Non è chiaro perchè con un aumento esponenziale della povertà dell'infanzia nel mondo, paesi come la Cambogia, il Vietnam, il Nepal, o l'Africa o il Sudamerica chiudano le porte all'adozione all'adozione internazionale, o facciano uscire i bambini con il contagocce. Perchè il non arrivo dei bimbi nei paesi occidentali non vuol dire per loro un futuro migliore in patria, o magari un'adozione nazionale, come ad esempio avviene (soltanto e in parte) in Brasile o in India. Tutt'altro: questi bimbi resteranno negli istituti quando va bene, assai peggio quando va male (basti pensare che maschi e femmine in Cambogia vengono venduti a 8, 10 anni ai trafficanti di essere umani e destinati ai bordelli della pedofilia mondiale).
E allora? La verità è che l'adozione internazinale per i paesi poveri è un modo per ricattare i paesi ricchi. Più è difficile adottare più si potranno chiedere soldi, denaro e aiuti. Giusti e sacrosanti questi ultimi, un po' meno la catena di denaro che in molti casi lucra sul desiderio e sulla disperazione delle coppie.
La crisi globale però ha messo in crisi anche questo meccanismo già sbagliato di per sè: perchè le coppie non ce la fanno più, smettono di lottare, e a quel figlio rinunciano, sempre più spesso. Ma alla loro rinuncia corrisponde un bambino che non avrà una famiglia, e dunque una tremenda perdita per tutti.
fonte : http://repubblica.it
Ma il vero nodo oggi non sono più i tempi di attesa italiani per il decreto di idoneità: pur con tempi assurdi (dai 12 ai 24 mesi) quel decreto nel 98% dei casi arriva. No, tutto si blocca dopo il conferimento di un mandato all'ente: qui inizia una attesa drammatica, a volte surreale, tre, quattro, cinque anni, ma addirittura di più, prima di poter incontrare quel bimbo a cui si vogliono dare affetto, amore, benessere. Bambino che nel frattempo avrà perso anni preziosi in un istituto russo o cambogiano.
Non è chiaro perchè con un aumento esponenziale della povertà dell'infanzia nel mondo, paesi come la Cambogia, il Vietnam, il Nepal, o l'Africa o il Sudamerica chiudano le porte all'adozione all'adozione internazionale, o facciano uscire i bambini con il contagocce. Perchè il non arrivo dei bimbi nei paesi occidentali non vuol dire per loro un futuro migliore in patria, o magari un'adozione nazionale, come ad esempio avviene (soltanto e in parte) in Brasile o in India. Tutt'altro: questi bimbi resteranno negli istituti quando va bene, assai peggio quando va male (basti pensare che maschi e femmine in Cambogia vengono venduti a 8, 10 anni ai trafficanti di essere umani e destinati ai bordelli della pedofilia mondiale).
E allora? La verità è che l'adozione internazinale per i paesi poveri è un modo per ricattare i paesi ricchi. Più è difficile adottare più si potranno chiedere soldi, denaro e aiuti. Giusti e sacrosanti questi ultimi, un po' meno la catena di denaro che in molti casi lucra sul desiderio e sulla disperazione delle coppie.
La crisi globale però ha messo in crisi anche questo meccanismo già sbagliato di per sè: perchè le coppie non ce la fanno più, smettono di lottare, e a quel figlio rinunciano, sempre più spesso. Ma alla loro rinuncia corrisponde un bambino che non avrà una famiglia, e dunque una tremenda perdita per tutti.
fonte : http://repubblica.it
Commenti