Adozioni, in Italia boom di bimbi cinesi

ROMA (22 settembre) - Un anno e mezzo fa i primi arrivi. Ed ora è quasi boom per i bambini cinesi adottati in Italia, già un centinaio da marzo 2009, quando entrarono nel nostro paese i primi bambini italiani con gli occhi a mandorla.

«Sono cifre importanti, molto buone» nel panorama delle adozioni internazionali, dicono concordemente i tre enti italiani autorizzati in Cina (Aibi, Ciai, Cifa onlus) che contano, al momento, circa 250 coppie in attesa di figli adottivi dal Paese del Sol Levante. Qualche decina di queste coppie, soddisferanno le loro aspettative entro l'anno. Con la Cina, l'Italia ha stipulato un accordo bilaterale in tema di adozioni. E questi sono i primi risultati.

Unico neo, i tempi. In Cina per le adozioni vige un doppio canale per altrettante liste di bambini adottabili. C'è un canale normale (per bambini sani e piccoli) e quello per gli “special needs”, “bisogni speciali”, in cui sono inseriti bambini grandicelli (da 7-8 anni in su) o con patologie o problemi particolari. Per quest'ultima lista, i tempi di attesa sono brevi, anche 6-8 mesi; per la prima non meno di tre anni.

A parte i primi 20, in Italia sono arrivati solo bambini "special needs". E così sarà almeno fino al 2013. Sono bambini in età scolare o malati. Per lo più hanno patologie non gravi e superabili; ad esempio, sono nati col labro leporino, con malattie cardiologiche reversibili o con arti deformati che
necessitano di intervento chirurgico. Dalle coppie italiane, anche opportunamente selezionate e preparate, la disponibilità ad accogliere anche un bambino con qualche problema non è un ostacolo.

Gli enti sono convinti che una volta arrivati a regime, dopo i primi tre anni, il numero di bambini cinesi che diventeranno italiani potrebbe essere di tutto rispetto e concorrere con paesi come la Colombia o l'Ucraina che al momento rientrano fra i paesi da cui proviene il maggior numero di bambini adottati.

«È un paese che promette bene - dice Gianfranco Arnoletti, presidente di Cifa onlus che ha avviato i rapporti con la Cina nel 2010 e che al momento registra 38 adottati - del resto i numeri cinesi sono grossi. C'è poi da dire che i rapporti sono buoni, corretti, precisi». «Si lavora molto bene con la Cina - rileva Graziella Teti, responsabile adozioni del Ciai (24 piccoli cinesi adottati) - sono organizzati, hanno procedure standardizzate e le incognite non esistono. Tuttavia, di contro a questi aspetti positivi, capita che di fronte ad ulteriori richieste di informazioni, ad esempio, sulle condizioni fisiche del bambino nascano difficoltà perché la richiesta esce dagli schemi consueti. Rispetto al numero di adozioni, che ora è molto alto per noi, l'Italia è in linea con l'andamento degli altri paesi». Fra l'altro - prosegue - «la Cina è il paese che permette il maggior numero di adozioni, circa 3.500 l'anno. Per questo c'è un grande affollamento di richieste e lunghe liste di attesa. A regime i numeri aumenteranno in modo considerevole».

Ci vuole tempo per arrivare a regime. «In questi giorni - osserva Monica Colombo, responsabile adozioni dell'Aibi (36 gli adottati cinesi; a fine settimana saranno 38) - sappiamo dal Centro cinese adozioni che stanno abbinando bambini a pratiche inoltrate nel maggio 2006. Per il momento il numero di bambini adottati in Italia è molto buono ma è migliorabile. La Cina potrebbe diventare il primo paese di origine di bambini adottati in Italia. Anche le procedure sono buone, sono di tipo amministrativo e non giudiziario, le coppie restano nel paese solo 18-20 giorni». Purtroppo i costi sono alti. Oltre alle spese di viaggio, alloggio e vitto, fino 9-10 mila euro per i complessi spostamenti interni, le offerte pseudoturistiche (agli aspiranti genitori sono proposte visite in siti artistici) e donazioni all'istituto.


Fonte : ilmessaggero.it

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