Dimissioni del leader Maoista Prachanda


La tensione resta alta a Kathmandu dopo le dimissioni di Prachanda, primo ministro e leader dei ribelli maoisti nepalesi, cui un anno fa un plebiscito elettorale ha affidato il compito di traghettare il Paese da una Monarchia assoluta a una “Repubblica democratica indipendente, indivisibile, sovrana e laica”. Appena nominato primo ministro Prachanda aveva ribadito a gran voce l’intenzione di voltare pagina, accettando i principi democratici e l’economia di mercato. Tuttavia, licenziando il capo di stato maggiore dell’esercito, il Generale Rookmangud Katawal, “reo” di essersi rifiutato di integrare gli ex guerriglieri maoisti nelle forze armate nepalesi (19,000 unità che il Generale Katawal definisce “politicamente indottrinate”, ndr) , Prachanda avrebbe dimostrato secondo l’opposizione una spiccata predisposizione a interpretare i propri poteri in maniera molto più ampia di quanto previsto dalla legge.

Il presidente del Nepal Ram Baran Yadav, formalmente anche comamdante supremo dell’esercito, ha cercato di porre fine alla crisi facendo rientrare in servizio con pieni poteri il Generale Katawal, scelta che ha costretto il premier e rassegnare le dimissioni per “proteggere la democrazia e la pace”, ha affermato Prachanda in un discorso trasmesso in diretta televisiva in tutto il Paese. Il leader maoista ha definito la decisione del presidente “un attacco alla democrazia nascente e al processo di pace, (visto che) la Costituzione transitoria non conferisce al presidente alcun potere o diritto di agire come un potere parallelo”. Per protestare contro l’ingiustificata intromissione del presidente i sostenitori di Prachanda sono scesi in piazza. Tuttavia, con una maggioranza già risicata e che in un anno ha perso parecchi sostenitori fanno sempre più fatica ad affermare la propria posizione.

La comunità internazionale teme che per uscire dalla crisi il Nepal sarà costretto a ricorrere ad elezioni anticipate, a seguito delle quali i maoisti potrebbero essere confinati ai banchi dell’opposizione. Questo non significa che i seguaci di Prachanda riabbracceranno inevitabilmente la lotta armata, ma i più pessimisti hanno paura che eventuali crisi successive possano mettere in discussione l’accordo di pace del 2006, quello che ha posto fine a una guerra civile che in dieci anni ha tolto la vita a 13,000 persone.

(fonte : Panorama.it)

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