Meglio stare fermi: adozione internazionale in Nepal

Riparlare di adozione internazionale in un paese che riesce a malapena a stare in piedi è pericoloso per i bambini e anche per le famiglie adottive. Alla fine di novembre, il governo ha riaperto i meccanismi per l'adozione internazionale fissando il numero di bambini a 250. La metà circa delle richieste che normalmente arrivano. Nei mesi precedenti aveva cercato di fare pulizia nel sistema di organizzazioni e home children che si spartivano un business quantificabile in oltre un milione e mezzo di euro annui. Aveva fissato anche delle cifre: i genitori adottivi dovevano pagare USD 8.000 e agli orfanotrofi spettavano USD 5.000 (a queste cifre dovevano aggiungersi quelle imposte dal business cioè avvocati, hotel, fees per l'associazione).

Negli anni, nepalesi e organizzazioni occidentali che si erano buttati in questo business, sono  arricchiti e con essi la burocrazia nepalese che attestava con falsi certificati l'adottabilità. L'emersione di questo mercato e delle lobby che lo sostenevano e sostengono impose il blocco, a più riprese dei processi d'adozione. Gli ultimi bambini sono stati adottati nel 2010 e furono solo 54 (di cui 34 a coppie italiane). Malgrado le buone intenzioni sbandierate dal governo, la situazione non sembra granch'è cambiata tanto che gli USA continuano a raccomandare di evitare d'adottare bambini nepalesi a causa degli scarsi controlli.

C'è da dire che a causa della crisi economica, dei problemi normativi e, forse, della comprensione che l'adozione internazionale deve essere l'ultima ratio a favore del bambino, il numero delle richieste è sceso sensibilmente in USA (il principale mercato) e anche in Italia di oltre il 20% concentrandosi sui bambini provenienti dalla Russia, Colombia, Brasile, Ucraina e Etiopia.

Un bene perchè in Nepal la situazione non sembra essere cambiata: nei giorni scorsi 14 Child centres in Banke (Nepal occidentale) do not measure up to government-set norms", cioè le condizioni dei 150 bambini ospitati erano penose. Social Development Promotion Centre, Tanwipriya Women and Children Relief Centre, Maya Sadan, Orphanage Madras Gausiya Jyabul Islam, Nawajiwan Centre, Mangal Prasad Higher Secondary School, Tribhuvan Higher Secondary School, Shelter House, CWIN Helpline, Maiti Nepal, Children Rehabilitation Help Centre (Banke Base), Apostle Children Home. Da notare che la CWIN Helpline è una ONG fra le più finanziate dalle ONG italiane ed internazionali e redattrice di voluminosi reports sullo stato dell'infanzia in Nepal. La coraggiosa Child Welfare Officer Shova Shah ha minacciato dure azioni.

Nel frattempo, dopo la decisione del governo si è rimesso in movimento il business delle adozioni, a Budhanilkanta (Kathmandu) 22 bambini sono stati recuperati dai genitori da un'altra Home in cui, è un sospetto, erano pronti per diventare orfani. Non è il caso di ripetere quanta gente si sia arricchita (nepalesi e occidentali) su questo business e sul fiorire di oltre 400 orfanotrofi, del business sui volontari (Come and live with orphans), delle case costruite, degli arrichimenti facili degli organizzatori. Ne conosciamo tanti e tutto è descritto con attenzione nell'articolo di Aquettant (TDH), uno parte della minoranza del 10% della gente veramente impegnata che opera nelle ONG. Basti ricordare che il più importante orfanotrofio di Kathmandu il Bal Mandir,  finanziato dalla ex-Regina, e centro di adozioni internazionali era in condizioni talmente pietose che la gestione è passata ad una ONG australiana (maggio 2010), quando gli operatori sono entrati sono  rimasti esterrefatti dalle condizioni dei 250 bambini.


Fonte : Enrico Crespi

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